Last in my winds
Yuri
era appena uscito dalla casa di Nikos. Rimuginava fra sé e sé, indeciso se dar
retta alla fredda razionalità che gli ripeteva quanto fosse impossibile la
storia dei sacerdoti di Atlantide oppure seguire l’istinto e credere che un
fondo di verità doveva pur esserci.
“Come
nelle leggende” pensò cupo, e cos’era il mito di Atlantide se non mistero e
leggenda?
Certo,
a sentire Nikos era tutto logico, anche che quell’Adriano a momenti lo mandava
al creatore. Ne avevano discusso mentre lo stava medicando e a differenza sua
lui pareva avere le idee molto chiare.
<Cerca
di capire, Yuri> gli aveva detto < Sta solo cercando di raggiungere il suo
obiettivo, proprio come sto facendo io, solo che Adriano non è il tipo da
andare troppo per il sottile.>
<Scusa,
forse non ho sentito bene. Quello è tuo nemico e tu lo difendi?>
<Capire
non significa per forza giustificare.> aveva precisato il sacerdote. <E’
mio rivale, certo, ma ciò non mi impedisce di considerarlo un amico, oltre che
un avversario giusto e leale.>
<Giusto
e leale? Ma per favore…o hai dimenticato che poco fa’ ha tentato di
uccidermi e ti ha ridotto in questo stato.>
Nikos
aveva scosso la testa con fare irritato.
<Perché,
le mie ferite ti sembrano forse mortali?>
Yuri
lo aveva guardato dritto negli occhi sperando di intuire dove volesse andare a
parare.
<Non
capisci?> aveva proseguito l’altro <Adriano ti ha attaccato nel
tentativo di risvegliare Hyuu-rin-hi. Sapeva che stavo arrivando e anche se ti
avesse colpito non avresti altro che leggere bruciature come le mie.>
<Può
darsi, ma questo non spiega ancora perché si accanisce contro di me. Si sta
preparando alla conquista del mondo e passa il suo tempo a richiamare in vita
chi potrebbe interferire coi suoi piani…no, non ha senso…e non puoi
pretendere che io ti creda.>
Nikos
si era alzato, gli era andato di fronte.
<Fa’
come vuoi.>
Lui
lo aveva seguito in silenzio con gli occhi mentre raggiungeva la finestra.
<Ah-rain-oh
si è destato. E’ potente, Yuri, più potente di quanto tu osi immaginare. Ti
vuole, e ti cercherà ancora.>
Non
aveva capito perché Nikos gli parlava così, ma la compassione che fuoriusciva
dal suo sguardo era al di sopra della sua capacità di sopportazione.
<Sei
libero di andartene. Tornatene in albergo, o anche in Russia se credi che serva
a metterti al sicuro. Ovunque tu possa nasconderti, lui ti raggiungerà.>
Ricordava
di essere rimasto nell’immobilità per alcuni istanti, di aver preso il
cappotto e aperto la porta per uscire, e ricordava la voce di Nikos salutarlo.
<Buona
fortuna, Yuri. Ne avrai bisogno.>
Era
successo tutto così in fretta. Avrebbe avuto tutto il tempo per pensarci su
nella calma della sua stanza.
Quel
che gli premeva adesso era innanzi tutto tornare in albergo.
Già,
ma dove? Aveva imboccato alcune strade a caso senza badare da dove passava e si
era perso.
“Mi
sto facendo coinvolgere troppo” si rimproverò, ma dentro di sé sapeva che la
cosa lo aveva turbato più di quanto fosse disposto ad ammettere.
Roma
non era grande, era infinita. Non sapendo da che parte rifarsi ricominciò a
vagare alla cieca fino a scorgere da lontano la sagoma di un’edicola. Provò a
chiedere informazioni, ma vuoi che si trovava fuori zona, vuoi che il giornalaio
sapeva il fatto suo, alla fine si vide costretto a comprare una cartina.
Credeva
di aver risolto almeno uno dei suoi problemi, invece se ne era solo creati di
nuovi. Abituato al cirillico faticò un bel po’ prima di riuscire a
rintracciare i nomi delle vie e quando l’opera fu compiuta si pentì di averla
mai iniziata: il suo alloggio era in un quartiere della città diametralmente
opposto rispetto a quello in cui si trovava. Per sua fortuna riconobbe dalla
parlata dei turisti ucraini che seppero indicargli la fermata della
metropolitana più vicina e anche un paio di ristoranti, a loro dire ottimi.
Li
ringraziò senza troppe cerimonie e si mise a seguire le indicazioni appena
ottenute fino ad un immenso viale stracolmo di negozi e passanti che percorse
lentamente, cercando di ricollegare le informazioni avute ai cartelli che
incontrava.
Una
folata di vento. Gli era arrivata addosso senza alcun preavviso. Yuri risistemò
i lunghi capelli gettandoseli dietro le spalle e proseguì nella sua ricerca.
Percorse solo pochi metri prima che una seconda ventata gli sfilasse di mano la
sua unica guida.
La
piantina volteggiava a mezz’aria e si stava allontanando da lui. Cercò di
riprenderla senza dare troppo nell’occhio, ma ogni volta che sembrava
riuscirci questa finiva nuovamente fuori della sua portata, come fosse dotata di
vita propria. Andò avanti così a rincorrerla fino ad un sudicio vicolo senza
sfondo nei pressi di una trattoria, per poi vederla finire al di là di una
recinzione. Guardò impotente la rete valutando se non fosse il caso di
arrampicarsi per recuperarla, ma la sola idea di impregnarsi gli abiti con
quell’odore nauseante gli bastò per mandare al diavolo tutto il progetto.
“Tanta
fatica per niente!” pensò tornandosene sui suoi passi.
<Un
vero peccato, Hyuu-rin-hi.>
Yuri
si gelò. Alle sue spalle, dove prima c’erano solo scatoloni rotti e bidoni
dell’immondizia, adesso qualcuno lo chiamava con un nome che non era il suo,
con una voce che aveva già sentito…
Prima
che riuscisse a voltarsi l’altro gli fu addosso, immobilizzandolo in una morsa
che, per quanto si divincolasse, non riusciva a forzare.
<Non
temere, non ho intenzione di farti del male.>
Sentì
la presa allentarsi quel poco che gli era sufficiente a girarsi e si ritrovò di
fronte allo sguardo cieco di Adriano Navari.
<Lasciami
andare! Che vuoi ancora da me?>
<Calmati,
ho detto che non voglio farti alcun male.>
<Si
può sapere chi sei?> quasi gli ringhiò contro.
<Mi
meraviglio di questa domanda. Eppure Nikos dovrebbe averti parlato di noi.>
<Non
importa che me lo dica qualcuno.> sbottò alla fine Yuri <L’ho capito da
solo che siete una banda di fanatici che ha letto qualche strano libro di
leggende.>
Una
mano gli si posò sulla nuca.
<Peccato,
se oggi pomeriggio non si fosse messo in mezzo adesso non mi parleresti così.
Spiacente, ma non ho altra scelta.>
Yuri
non ebbe neppure il tempo di rendersi conto di essere finito contro il muro, la
stretta si era trasformata in un abbraccio e Adriano lo stava baciando.
Bloccato
dalla sorpresa più che dal corpo stretto al suo, riuscì a malapena ad
abbozzare l’idea di una reazione, ma era come se lo avessero narcotizzato.
<Che
vuoi…che diavolo vuoi da me?>. Non cercava una risposta. Voleva solo che
finisse.
La
voce calma di Adriano sembrò formarsi direttamente nella sua testa.
<Non
fraintendermi, Yuri Kravcenko, non sei tu che mi interessi…è Hyuu-rin-hi che
voglio e stavolta non sfuggirai al tuo destino.>
Appena
la voce tacque furono entrambi avvolti da un alone di luce bluastra. Yuri sentì
sviluppare dentro di sé una strana forza, come un vortice che lo risucchiava,
sempre più intenso, sempre di più, fino a fargli perdere i sensi.
Quando
riaprì gli occhi Adriano era sparito nel nulla così come era arrivato. Non
aveva idea di quanto tempo fosse rimasto svenuto, ne’del perché Adriano non
lo avesse ucciso. Il suo ultimo ricordo era la sensazione di un braccio che lo
sorreggeva per non farlo cadere. Nikos doveva essere accorso in suo aiuto,
altrimenti non riusciva a spiegarsi di essere ancora tutto intero. Poi anche il
ricordo del bacio riaffiorò nei suoi pensieri e lo fece avvampare di vergogna e
di rabbia.
<No,
non sono pazzi! Sono dei maniaci, ecco cosa sono, e col cavolo che ci torno da
Nikos a ringraziarlo.>
Ancora
perso dietro le sue congetture, raggiunse la strada principale e chiamò un
taxi. Adriano poteva essere un esaltato mitomane o anche peggio, ma non sarebbe
mai stato così stupido da assalirlo alla presenza di altre persone. Bastava non
rimanesse da solo e sarebbe stato al sicuro.
Una
volta nella sua stanza si spogliò in fretta e si mise sotto la doccia.
L’acqua calda gli scorreva lungo il corpo portando via la stanchezza e le
emozioni.
Non
pensava a nulla, Yuri.
Non
voleva più pensare a quei due; chiunque fossero, qualunque cosa dicessero non
lo riguardava e voleva starne fuori.
Cercò
di lavare via ogni parola di Adriano, invano. La sua pelle sensibile ricordava
le sue mani, le sue labbra, sentiva ancora il loro tocco, lo avvertiva come un
contatto delicato, ben diverso dal violento approccio di poco prima.
Si
scosse dal tepore della stanza da bagno. “Ma cosa vado a pensare…?”
Non
sapeva rispondersi. I suoi pensieri erano troppi e troppo ingarbugliati e lui
troppo stanco.
Si
mise a letto senza asciugarsi i capelli. Aveva voglia di trovare delle risposte
a tutti i perché che gli affollavano la mente, ma soprattutto sentiva il
bisogno di calare il sipario su quella bizzarra giornata.
Un
attimo prima di chiudere gli occhi pensò che non aveva avvisato il portiere per
la sveglia.
“Pazienza”
si disse “per una volta che potrà mai succedere?”
Un
luogo che non conosceva.
Le
strade lastricate di pietre, il porticciolo naturale, i templi dai colonnati
interminabili…era tutto nuovo per lui.
Strano
che non si sentisse spaesato di fronte a quello spettacolo.
Non
ricordava di essere mai stato lì prima di allora, eppure una quiete interiore
gli diceva che la sua ricerca era finita.
Non
sapeva spiegarsi cosa gli desse tanta certezza, magari le voci dei bambini che
si rincorrevano nelle strade, o il profumo intenso della frutta accatastata
sulla piazza per il mercato, o forse la canzone intonata da una fanciulla al
calar del sole…no, era una sensazione più forte, come di essere tornato a
casa dopo una lunga assenza.
Dal
mare proveniva il rumore delle onde infrante sugli scogli, lento e profondo come
l’eco di un richiamo lontano.
Raggiunse
la riva dove lo pervase un’istintiva pace e il lento andirivieni dell’acqua
sul bagnasciuga gli accarezzava le caviglie, il sole era caldo e lo schiumare
delle onde leggero e costante. Ipnotizzato da tanta bellezza si immerse fino
alla cintola nelle acque illuminate dal giorno, accarezzandone la superficie con
le mani.
Un
boato che annunciava l’imminente temporale riempì l’aria e ruppe la sua
contemplazione. Di colpo era calata la notte, una notte buia in cui non riusciva
ad orientarsi, a tornare indietro, a vedere nulla tranne una debole luce in
lontananza. Una grotta che conteneva solo ciottoli e muschio, il terreno misto
di sabbia e roccia, ben poco accogliente rispetto al comodo letto cui era
abituato, della luce di prima neanche l’ombra.
Aveva
freddo, tanto freddo con le vesti bagnate addosso. Il calore della sabbia andava
calando, ma fu lo stesso di gran sollievo al suo corpo intirizzito.
Si
sistemò alla buona rannicchiandosi contro una roccia, sperando che al mattino
avrebbe trovato i caldi raggi del sole a dargli il buongiorno e si accinse a
passare la notte in quel riparo di fortuna.
Non
aveva chiuso gli occhi da molto tempo che qualcosa lo toccò sulla spalla.
<Hyuu-rin-hi…>
Gli
ci volle un po’ prima di poter distinguere nell’oscurità la sagoma di un
giovane inginocchiato davanti a se’.
<Chi
siete?>
<Hyuu-rin-hi,
finalmente ti ho ritrovato.>
Fuori
aveva smesso di piovere. L’ultima nuvola si scostò dalla luna e nel bagliore
riflesso dalle pareti comparve il volto di Ah-rain-oh.
<Mio
Imperatore, cosa vi porta fuori del palazzo in piena notte?>
<Tu,
Hyuu-rin-hi, ti stavo cercando.>
Stentava
a credere a quanto aveva sentito. No, non era possibile: l’uomo più potente
dell’isola vagava di notte, solo, disarmato, per lui.
<Vi
ringrazio, ma non era il caso di darsi tanta pena. Sarei tornato a casa appena
spioveva.>
<Ma
io non sono venuto per ricondurti da tuo padre.>
Guardò
sconcertato le labbra del sovrano piegarsi in uno strano modo. Lo aveva visto
sorridere spesso, di scherno, di disprezzo, a volte anche di circostanza. Mai lo
aveva visto rivolgere a nessuno un sorriso tenero. Mai aveva colto quella
sfumatura che ora ne illuminava il volto.
<Sono
qui per te…>
L’abbraccio
lo colse alla sprovvista. Il corpo di Ah-rain-oh era caldo, così caldo…
<No,
ti prego, io non…> disse trattenendosi dal ricambiarlo.
Una
così debole resistenza non sarebbe certo bastata a fermarlo, qualsiasi cosa
avesse intenzione di fare. Lo sapeva, ma sperava di sbagliarsi, sperava che lui
capisse, che lo lasciasse andare, visto che non avrebbe trovato la forza di
allontanarlo.
<Cosa?>
gli suggerì l’altro <Perché trattieni ancora i tuoi sentimenti? Perché
neghi di amarmi?>
<Io…ti
amo, come è giusto che ogni fedele suddito ami il proprio imperatore.>
Stavolta
era il corpo del sacerdote a essere in preda ai brividi, e il freddo non
c’entrava per nulla. Anche se non poteva vederne l’espressione, Hyuu-rin-hi
capiva che la collera si stava impossessando di lui.
<Non
è vero!> mormorò con rabbia Ah-rain-oh.
<E’
così invece. Mi dispiace di aver deluso le tue aspettative, credimi, ma non
posso…non posso.>
<Bugiardo!>
gli urlò lasciandolo andare. <Gli sguardi che mi rivolgevi, i sorrisi che si
spegnevano appena nati, il tono con cui mi parlavi nelle rare occasioni in cui
riuscivamo a stare soli, vorresti dire che ho frainteso tutto? Che mi sono solo
illuso? Giuramelo anche su Elessiare se vuoi; non potrò mai credere che per me
provi solo l’affetto che si riserva al proprio sovrano.>
<La
Dea…Onirion…gli dei tutti non approverebbero.>
<E’
solo il timore degli dei che ti frena? Oh, Hyuu-rin-hi, quanto sei ingenuo.
Siamo noi i veri dei. Noi abbiamo nelle mani le chiavi del nostro destino. Noi
cingiamo la penna che traccia il libro della nostra vita. Non temere Elessiare,
dimentica Onirion come l’ho dimenticato io e viviamo questa notte solo per
noi.>
Le
loro labbra si unirono in un bacio casto e dolce.
Pur
intimidito dalla bestemmia appena udita Hyuu-rin-hi era incapace di lasciarlo
andare.
<Tanto
sei dunque disposto a osare, mio Imperatore?>
<Gli
dei, il mio potere, Atlantide stessa…nulla contano se mi impediscono di starti
vicino.>
Ah-rain-oh
gli sfiorò il viso con una carezza e immediatamente lui si ritrasse.
<Abbandoneresti
quanto hai ricevuto per diritto di nascita per me che non sono neppure
sacerdote?>
Lo
sguardo cieco lo fissò a lungo. Ah-rain-oh lo stava ‘guardando’,
scrutandogli nei recessi dell’anima fino a svelarne i segreti e i desideri più
nascosti, trovandolo vulnerabile, indifeso, proprio lui che aveva osato sfidare
quegli stessi occhi. Le sue certezze vacillarono. Gli insegnamenti di suo padre,
la devozione ad Elessiare, i propositi fatti allorché si era reso conto di non
essere un comune suddito per colui che non considerava solo un sovrano…tutto
rimosso, tutto cancellato dal corpo di Ah-rain-oh che si distendeva a terra,
dalle sue dita che seguivano le linee dei suoi fianchi liberandolo dalle vesti
che lo ricoprivano. Lo vide spogliarsi nella penombra della grotta dove i
bagliori facevano risaltare le linee del suo corpo statuario e perfetto,
muscoloso e tonico. Sembrava il dio in persona, tanto era bello e affascinante.
Le
labbra dell’imperatore sembravano essere dappertutto sul suo corpo, le sue
mani lo sfioravano in punti insospettatamente sensibili, mettendogli addosso
un’eccitazione inconfessabile. Il desiderio si era impadronito lentamente e
inesorabilmente di lui in quell’approccio semplice, ma efficace, tanto che a
stento riuscì a reprimere un gemito mordendosi le labbra.
<Non
vergognarti di far sentire ciò che provi. Non con me, te ne prego>
Non
l’aveva fatto di proposito, ma il rimprovero lo colpì in pieno. Aveva
dimenticato che la cecità di Ah-rain-oh faceva della sua voce il loro unico
contatto, non avrebbe dovuto e si sentì a disagio, inadatto a lui per questa
mancanza.
<Perdonami…>
<Shhh…>
lo fermò il sacerdote chiudendogli la bocca con la propria.<Non fa
niente…>
Davvero
non gli importava? O lo aveva detto per consolarlo? Ma serviva saperlo, adesso
che si erano spinti verso un abisso dal quale era impossibile risalire?
Hyuu-rin-hi
lo strinse al petto, con una forza che non credeva di possedere lo fece stendere
accanto a sé e baciò ogni angolo che le sue labbra riuscivano a raggiungere,
anche il più nascosto. Sentiva lo smarrimento dell’altro a questa sua
improvvisa reazione, le membra di Ah-rain-oh saldamente ancorate al suolo,
scosse da brevi sussulti, e nonostante tutto non riusciva a mettere fine alla
propria brama di dominio. Lo aveva desiderato così a lungo che ora voleva
goderselo senza fretta, assaporarlo piano, prendendosi tutto il tempo necessario
a dare a quel corpo tanto agognato tutte le attenzioni che meritava. Per un
istante Hyuu-rin-hi non si mosse, poi la sua mano scivolò lenta verso il basso
e altrettanto lentamente risalì, una, due, molte volte, prima che
l’imperatore si abbandonasse completamente a lui. No, non l’imperatore di
Atlantide, non il primo sacerdote di Onirion, ma l’uomo, semplicemente
l’uomo, perché solo in quella veste gli era concesso di amarlo. Aveva capito
ora e in cuor suo pregava di non essersi sbagliato.
Il
piacere nel guardarlo era quasi pari a quello che provava nel toccarlo e nel
sentire i gemiti strozzati che gli si fermavano in gola.
L’estasi
che si dipingeva sul volto di Ah-rain-oh non ne alterava minimamente i
lineamenti, anzi lo rendeva così etereo, così umano…e più bello, se mai
avesse potuto esserlo.
Solo
quando non gli bastò più la voce per sfogare l’ansia che lo dominava,
Ah-rain-oh sollevò le ginocchia invitandolo a farlo suo. Gli concedeva di
essere il primo…lo sapeva questo Hyuu-rin-hi? Forse no, ma non aveva più
importanza adesso che erano finalmente vicini, naufraghi che dopo un eterno
vagare in solitudine approdano sulla terraferma. Quante notti insonni passate a
fantasticare su loro due insieme…tutto era segretamente pianificato nei suoi
sogni, e ora che quei sogni si erano realizzati, nulla lo avrebbe fermato. Solo
una lieve esitazione, più per timore di fargli male che altro, gli attraversò
il cuore.
<E’
questo che vuoi?>
Se
lo voleva? Lo desiderava disperatamente, con tutto se stesso.
<Ti
prego…>.
Ah-rain-oh
non aggiunse altro. Non poteva. Le dita che lavoravano fuori e dentro di lui gli
toglievano il respiro, la ragione, dandogli stimoli talmente intensi da fargli
perdere completamente la cognizione di ciò che li circondava. Gemette,
sorprendendo se stesso con il suono, mentre le dita di Hyuu-rin-hi spingevano di
più dentro di lui, contro di lui, e non facevano altro che farglielo desiderare
ancora di più.
Improvvisamente
le dita furono ritratte dal suo interno e un rapido gesto permise a Hyuu-rin-hi
di stendersi su di lui, sostenendosi con le braccia e guardandolo dritto in
viso.
Lo
baciò; un bacio profondo, e Ah-rain-oh sentì una mano sostenere i suoi fianchi
e qualcosa di più grande spinto dentro di lui.
Faceva
male, ma allo stesso tempo era bello. Troppo bello.
Affondava
lentamente dentro di lui, poi indietro, e dentro di nuovo, e la sensazione
cresceva.
Bramando
ancora di più il contatto, il sacerdote circondò il torace dell’amante con
le braccia, portando la loro pelle a toccarsi, mentre quella sensazione
aumentava e aumentava… ed esplodeva improvvisa, questa volta ancora più
vibrante, al punto da non sapere più se gemeva dal dolore o dal piacere.
Hyuu-rin-hi
sentì le loro voci gridare.
Chi
fu a farlo per primo? Non lo sapeva. E non gli importava.
Era
felice, come non lo era mai stato e questo gli bastava per ignorare le
conseguenze cui sarebbe andato incontro.
Fuori
la grotta già albeggiava.
Il
suo respiro stava tornando normale, quando Ah-rain-oh, il cui petto si alzava ed
abbassava ancora in modo irregolare cercò di parlare, ma la voce si spense in
un singhiozzo che lo allarmò.
<Che
ti succede?>
Silenzio.
<Parlami,
dì qualcosa!>
L’imperatore
gli prese una mano e se la portò alle labbra.
<La
notte è finita. Devi tornare…Yuri.>
All’improvviso
il suo corpo si staccò da terra, sfrecciò in un vortice di vento e di oscurità
che lo trascinava lontano da Ah-rain-oh, lontano dal mare, lontano da
tutto…verso il nulla.
Yuri
aprì gli occhi di scatto.
Gli
ci volle qualche secondo per realizzare di trovarsi in camera sua, comodamente
sdraiato sotto le coperte.
Era
tornato alla realtà.
Ma
a quale delle tante?
Nikos
non nascose lo stupore quando, aperta la porta, si ritrovò davanti Yuri con
un’aria più smarrita che mai.
Il
resoconto di quanto era successo il giorno prima avvenne davanti a due tazze di
the fumanti, ma nonostante cercasse di mascherarlo, Nikos si accorse lo stesso
che c’era dell’altro che turbava il suo ospite.
<Qualcosa
non va?> lo invitò a confidarsi. Sulle prime Yuri esitò, ma alla fine
decise che tanto valeva raccontargli tutto e gli parlò del sogno.
<Tutto
qui?> fu il commento di Nikos. <Non vedo di che preoccuparsi.>
<In
quella grotta abbiamo…abbiamo fatto l’amore.>
Il
braccio di Nikos si bloccò all’istante nel portare la tazza alla bocca.
<Che
significa, Nikos?>
<Non
chiedermelo!>. Strano che Nikos gli rifiutasse delle spiegazioni proprio
adesso che ne aveva bisogno come non mai, ma se si era fatto tanto restio a
darne poteva esserci una sola ragione: senza volerlo aveva trovato la chiave di
tanti misteri.
<Se
veramente sei chi sostieni di essere allora sei anche l’unica persona che io
conosca a potermi aiutare a capire quel che sta succedendo intorno a me.>
<Anche
se quel che ho da dire non ti piacesse?>
<Ti
ascolto.>
Nikos
trasse un profondo respiro prima di parlare, strinse così salde le dita attorno
alla tazza che Yuri si aspettò di vederla andare in mille pezzi.
<Ho
commesso una grave leggerezza a permetterti di andartene, ieri. Speravo che non
si facesse vivo, non tanto presto almeno e invece gli ho servito l’occasione
che aspettava su un piatto d’argento. Se fossi rimasto da me in qualche modo
avrei potuto impedirgli di agire; adesso non posso far niente.>
Yuri
seguiva attento anche se ogni parola aumentava la confusione che aveva in testa.
Non capiva cosa rendesse Nikos nervoso al punto da doversi sforzare di
controllare il tono della voce.
<Adriano
ha usato l’unico mezzo contro cui non posso intervenire per risvegliare
Hyuu-rin-hi: farti rivivere i suoi ricordi. Quello di stanotte non era un sogno.
In un tempo lontano tu e Adriano, Hyuu-rin-hi e Ah-rain-oh, vi siete amati.>
Il
giovane, che fino ad allora aveva ascoltato in silenzio, serrò gli occhi
lasciandosi sfuggire un lamento <…No…>
<Vi
amavate al punto di sfidare persino gli dei che vi volevano nemici. Mi rammento
come fosse ora il giorno in cui venisti da me al tempio e tu, distrutto dal
rimorso, hai ammesso la tua colpa, confidato la tua disperazione, e quanto non
si intuiva dalle tue lacrime me lo ha mostrato Elessiare. Per chissà quanto
tempo costretti a nascondervi l’un l’altro i rispettivi sentimenti, senza
nemmeno la consolazione di poter confidare a qualcuno la vostra pena per paura
di essere marchiati dal sospetto del tradimento…>
Yuri
annuì. <Ricordo che hai meditato a lungo, prima di concedermi il perdono
della dea.>
<No,
Yuri, lei non ti ha mai perdonato. Nonostante il tuo pentimento si è
profondamente offesa per ciò che avevi fatto e sebbene sia venerata come
benevola tra gli dei, ti ha condannato, quando fosse giunta la tua ora, a quella
che per te sarebbe stata la peggiore delle morti.>
Qualcosa
iniziava a muoversi nella mente di Yuri, immagini, fotogrammi montati a caso di
un film che non ricordava, ma della morte di Hyuu-rin-hi, del crollo
dell’impero niente, il vuoto assoluto.
<E
Ah-rain-oh…si è salvato?>
Nikos si
limitò a scuotere la testa.
<Che
ne è stato di lui?>
<Onirion
non permette a chi tradisce di cavarsela a buon mercato. Non so è stata la
brama di dominio a dargli alla testa o se ha agito in preda ad un impulso
momentaneo, sta di fatto che l’imperatore ha osato sfidare gli dei…no,
peggio, equipararsi a loro…proprio lui, un primo sacerdote. Ha perso tutto ciò
che aveva, il suo potere, il suo regno, tutto distrutto, tutto finito.>
<Ma
gli restava…>
<Tu
eri già morto.> lo prevenne Nikos <Quando il dio gli ha predetto quale
fosse il prezzo da pagare per averti amato ha preferito ucciderti con le sue
stesse mani piuttosto che mostrarsi a te sconfitto.>
<E
dopo la mia…la morte di Hyuu-rin-hi, cos’altro è successo?>.
Rabbrividiva al pensiero di quello che Nikos avrebbe potuto rivelargli, ma la
curiosità era tanta, almeno quanta era la paura, se non maggiore; voleva sapere
ogni dettaglio possibile, anche il più insignificante e banale.
La voce
di Nikos per un attimo tornò ad incrinarsi. Il dolore di quegli istanti era
ancora vivo in lui e rendeva evidente la sua sofferenza.
<Ah-rain-oh
si è tolto la vita. Poco prima che Atlantide fosse inghiottita dal mare si è
gettato in acqua sotto i miei occhi. Ti confesso che mai prima mi ero sentito
così inutile. Assistere impotente alla sua morte è stata la mia punizione per
averti mentito.>
<Ma
perché l’hai fatto…era tuo amico, io ero colpevole quanto lui…eravamo
entrambi condannati, a cosa serviva ormai illudermi di un futuro che non potevo
avere?>
<Perdonami,
ma me ne mancò il coraggio. Sapevo bene che Atlantide e tutti noi eravamo
prossimi alla fine, ma anche se era la dea ad ordinarlo mi è parsa una crudeltà
gratuita impedirti di vivere serenamente i tuoi ultimi giorni con lui, così ho
deciso di tacere per risparmiarti altro dolore.>
Non
aggiunse altro. Si alzò e iniziò a togliere dal tavolo le tazze da lavare.
Ora Nikos
si pentiva di aver mai iniziato quel discorso. Oltre a non aver eliminato i
dubbi di Yuri, lo aveva confuso creandogliene di nuovi, col risultato di
sconvolgerlo più di quanto già non lo fosse.
Gettò
un’occhiata in direzione dell’amico di un tempo e si diresse verso la
cucina. Inutile insistere per il momento. Non voleva turbarlo ancora. Prima o
poi avrebbe ricordato ogni cosa da solo e non ci sarebbe stato più bisogno di
spiegazioni. Adesso dovevano solo cercare di mantenere la calma e aspettare che
Adriano facesse la prossima mossa.
Il rumore
di una sedia spostata bruscamente seguita dal sordo cadere di un corpo lo fece
correre in salotto, dove pochi istanti prima aveva lasciato Yuri.
Il
ragazzo era sul pavimento, immobile. Lo voltò piano e gli mise una mano sotto
alla testa per sostenerla. Respirava, per fortuna. Il volto disteso e gli occhi
chiusi davano l’impressione che stesse dormendo…purtroppo Nikos sospettava
che non fosse la mancanza di riposo la causa dello svenimento.
<Yuri…mi
senti?…Yuri!>
Yuri
emise un debole rantolo, poi dischiuse appena gli occhi.
Un
secondo rantolo si identificò maggiormente nel nome di Nikos.
<Forza,
Yuri! Cerca di reagire!>
Credette
che il ragazzo si stesse riprendendo quando vide i suoi occhi aprirsi.
<Nikos…dove
sei, Nikos? Non riesco a vederti...>
<Sono
qui, proprio di fianco a te. Cerca di stare calmo. Non è niente…> mentì
per non aggravare la situazione.
<Che
mi sta succedendo…?>
<Stai
per rinascere, Yuri. Rivivrai la tua vita precedente come in un sogno, tutta,
compresa la tua morte. Sarai confuso, smarrito, perderai ogni cognizione del
tempo che conosci. Non distinguerai
più il presente dal passato e rischierai di impazzire…>
<Aiutami…ho
paura…>
Il
sacerdote sentì una morsa di impotenza stringergli il cuore.
<Non
posso! Dovrai farcela da solo, ma tu sei forte…più forte del destino…>
<…Nikos…non
ti sento più…perché non parli?>
Un ultimo
sospiro e il corpo di Yuri gli ricadde tra le braccia, inerme, come morto.
<Maledizione,
non adesso…> imprecò mentre lo sollevava di peso e lo portava in camera.
Il letto
era enorme. Il corpo di Yuri ne occupava a malapena un terzo e questo consentì
a Nikos di sedersi accanto a lui per vegliarlo.
A parte
alcuni sussulti, non v’era altra traccia che il ragazzo fosse ancora vivo.
“Adriano…tra
tutte le maledizioni che potrei lanciarti, persino le peggiori non sarebbero
abbastanza per farti scontare tutto quel che gli stai facendo. So che ci stai
osservando, che puoi sentire i miei pensieri…ebbene, sei contento adesso che
vegeta in un limbo dal quale potrebbe non tornare? La sua memoria si sarebbe
risvegliata da sola, come è successo a me, come hai sperimentato tu stesso. Ti
costava tanto aspettare che quel giorno arrivasse?…e rispondimi, per gli
dei…”
“…Rai-shì,
mi ritieni dunque tanto vile e sconsiderato da mettere a rischio la vita
dell’unica persona che io abbia mai amato…senza motivo? Rispondi a questo e
capirai…”
Capire?
Tutto
quello che c’era da capire lo aveva sotto gli occhi.
Yuri
gemeva e si contorceva dal dolore, con sempre maggior frequenza. Le due anime
racchiuse in lui lottavano e non sarebbe finita tanto presto…non finché una
non avesse prevalso sull’altra.
I minuti
scorrevano.
Sembravano
ore.
Nikos non
riusciva a dimenticare le parole di Adriano…aveva parlato di motivi…perché,
dunque, aveva tentato una mossa tanto azzardata? Perché rischiare di perderlo
quando sarebbe bastato lasciare che gli eventi seguissero il loro corso
naturale…perché? Non c’era un perché…
A meno
che…
Ma certo!
Hyuu-rin-hi...
Se
Hyuu-rin-hi, prima di morire, glielo avesse fatto giurare…solo in quel caso
Adriano avrebbe corso il rischio di perderlo una seconda volta.
Scostò
con un gesto delicato il ciuffo dalla fronte sudata di Yuri.
<Sei
uno stupido…stupido stupido stupido.>
Come lo
avesse sentito, le labbra di Yuri si mossero, gli occhi ancora socchiusi,
vitrei, ma certi che ormai il peggio era passato.
<…ra..i…>
Convinto
che lo stesse chiamando, Nikos si sporse verso il volto ancora esangue
dell’amico.
Voleva
che lo vedesse appena riprendeva i sensi…sarebbe stato debole e la sua sola
presenza non gli avrebbe reso le forze, ma lo avrebbe fatto sentire al sicuro.
Da quella
posizione non si era accorto che Yuri aveva sollevato le braccia e lo stava
avvolgendo.
Se ne
rese conto solo quando le loro labbra erano troppo vicine.
<…Ah…rai…n-oh…>
La
sorpresa nell’udire quel nome gli fu fatale e quando si riprese dallo stupore
Yuri aveva unito la propria bocca alla sua…e non sembrava avesse intenzione di
separarsi troppo alla svelta, anzi, sentiva già la lingua dell’amico che
tentava di insinuarsi più in profondità…
E
all’improvviso Yuri si scosse, lo allontanò con gli occhi spalancati e,
finalmente, pieni di vita.
<Ma
cosa…oddio, Rai-shì…scusami. Scusami tanto!>
A Nikos
occorsero alcuni secondi per riprendersi dallo shock, poi allungo la mano sul
viso dell’altro.
<Sono felice di vederti di nuovo tra noi, Hyuu-rin-hi. Bentornato, amico mio!>
In loving memory..........Amberyl